sabato 17 aprile 2010
Pensieri - it's a matter of deltas
Parlando di cose incredibili...oppure di cose incredibilmente banali ma che a me colpisocono sempre...onestamente sono tre anni ormai che mi ronzano nelle orecchie i soliti concetti: lavorare nella top consulting firm, la carriera, MBA in una delle top business school, correre correre correre, stipendi da capogiro come promessa a chi a corso di più...insoma una vita vissuta, dal 2008, sempre a correre. Mai pensare, mai riflettere in che direzione si va. Perchè correre è più importante che pensare, e da qualche parte si arriverà. Ora qui il discorso diventa multisfaccettato: perchè farlo, con che obiettivi e cosa ne penso. La cosa diventa estremamente lunga e oltre questo estremamente intima. Però voglio condividere con chi mi legge un pensiero più grande, che esula da me.
Per quanto detto sopra, la vita finora mi ha solo riservato cose positive (a parte sull'amore, ma lasciamo perdere): grande opportunità di lavorare, grandi prospettive ecc. Guardandomi da fuori appaio, professionalmente parlando un vincitore (concedetemi l'arroganza, è una cosa che odio, ma serve a fare il puinto). L'altro giorno, per strada vedo un mendicante. Uno qualunque pensa il mio cervello, che ha fatto degli errori e li sta pagando. E io, che mi sono sempre fatto un culo così, che ho sempre seguito la retta via, mi posso permettere d iguardarlo dall'alto in basso, schiena dritta e coperto dalla mia giacca da 200 euro. RIflesso automatico. Successo a nessuno mai di pensare così? successo a nessuno mai di sentirsi in diritto di stare meglio di chi vediamo in mezzo a una strada?
Bene. Mi avvicino e leggo un cartello accanto a lui in spagnolo. Dice di essere spagnolo, di volere solo un lavoro, di avere un bambino di 4 anni da mandare all'asilo e la moglie che non lavora. Dice che non vuole la carità ma che non sa come andare avanti è disoccupato da anni. E' vestito in modo misero, ma degno, e guarda fisso davanti a sè. Accanto a lui un libretto, titolato "stato di famiglia". pulito, tenuto in un cellophane. Non so cosa sia, forse la prova che ciò che dice è vero. E scatta l'altra routine automatica: sicuramente dice bugie per impetosirmi e strapparmi due monetine. Lo guardo meglio. Lo sguardo è fisso, disperato. Lo sguardo di chi ha perso la speranza, uno di quegli sguardi che vediamo solo alla televisione, dei bambini in mezzo ai conflitti. E mi chiedo:"e se fosse vero?" E se fosse vero che in un paese in cui la disoccupazione è il doppio che in Italia e che è sostanzialmente sprovvisto di settori industriali fuori da turismo e edilizia, e se fosse vero che può esistere un padre di famiglia che non riesce a trovare lavoro, visto che avrà una quarantina d'anni e magari non sa l'inglese, non sa usare i computer e quindi non può competere con le valanghe di giovani spagnoli laureati e anche loro disoccupati?
Mi guardo. Vestito. Pulito. Con tante prospettive. A 28 anni, posso permettermi di studiare per un anno. Guardo lui. Non sembra vere prospettive. E sembra talmente spento da non pensare neppure. Dubbio.E se fosse vero?
Gli lascio tutti gi spicci che ho. saranno due euro. Per me, qui, è una birra. Per lui, non so. Poi mi giro e me ne vado. Ma non posso fare a meno di chiedermi: che società abbiamo costruito? Che mondo abbiamo costruito? CHe sistema abbiamo costruito e che sistema quelli come me finiranno per continuare a sostenere, un sistema che può elargire bonus di decine di milioni di dollari ai banchieri e ai padroni dei fondi dei private equity, che da stipendi da milioni a pochi e nessuno stipendio a tanti, che crea il successo di chi dirige, sulle "ristutturazioni" che macinano le persone? Qual'è il delta (a differenza) tra questo sistema e uno puramente darwinistico, della legge del più forte. C'è ed è il welfare system(ospedali, sussidi) ma la crisi ne ha dimostrato l'inadeguatezza. Per quell'uomo lì non è bastato, quindi, Darwin: la specie più adattibile prospera, quella che non lo è, muore.
Sono tornato a casa con la sensazione, che ci sia qualcosa che non va. E con la domanda senza risposta:"ma io, che ci posso fare?" E mi fa pensare: ma sono solo io che mi pongo quesiti così, o anche altri la pensano come me?
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Sai già come la penso. Penso anche però che non è un problema più grande di noi, ma soprattutto che appartiene a tutti noi.
RispondiEliminaImmagino che hai conosciuto e che conoscerai gente che si ferma al secondo paragrafo di questo post.
Qui molti miei colleghi sono, da democratici, straconvinti che l'ospedale non è diverso da una banca: deve fare soldi. E nella loro super religiosità (e qui sono tutti superreligiosi) hanno ormai superato il concetto di aiutare il povero cristo per strada. Ormai la religione, in uno Stato dove il denaro conta molto, è puro autocompiacimento.
Sulla religone non ho un punto particolare. Non saprei. Teoricamente...hai ragione però più parlo con gli americani meno mi è chiaro il bilanciamento di coerenza nel loro sistema di valori. Su questo ne sai più di me.
RispondiEliminaCapitalism stole my verginity...
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=mUU1Qb0nZbU
io mi sto rendendo conto che il loro sistema di valori è stato modificato dalle esigenze di mercato.
RispondiEliminaDevo dibattere tesi del tipo:
"Sono totalmente contrario a qualunque tipo di assistenza sanitaria perchè se ora muoiono 30000 persone e la riforma obama costa tot e le salverà, significa che ogni vita salvata costerà alla società 5 milioni di dollari, ed è troppo.."
oppure
"Se un'azienda trova il costo del lavoro più economico in Cina ha il diritto di chiudere tutto negli States e andarsene. Significa che non siamo stati competitivi".
Il tutto intramezzato da discorsi tipo: questo weekend faccio un ritiro spirituale in un famoso eremo bla bla bla... ecco, ritirati.